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La via della madre

Writer's picture: Carmelo LeottaCarmelo Leotta



La via della Madre – oltre le logiche del dominio.


  

   Il bene per l'uomo, definito come l'accrescersi della sua potenza, non può essere conseguito da un uomo solo, né da un gruppo di uomini, né dalla sola specie umana a spese del suo ambiente, poiché un bene limitato (ad una persona, ad una famiglia, ad una nazione, ad una razza, ad una specie ecc.) non ammette ulteriore accrescimento della potenza. Il raggiungimento del bene è condizionato dal fatto che l'accrescimento di ognuno venga condotto in modo tale da consentire l'accrescimento di tutti.

  Considerando la potenza come la possibilità di realizzare una volontà, le determinazioni della potenza saranno circoscritte a ciò che si vuole.

  C'è da chiedersi allora cosa accadrebbe nel momento in cui tutti gli uomini accrescessero illimitatamente la loro potenza secondo una propria volontà particolare che non tenesse conto della volontà altrui. Sarebbe necessariamente il prevalere degli uni sugli altri, i quali si rivarrebbero quanto prima e negherebbero la volontà di chi ha precedentemente prevalso su di loro. Che la negazione della volontà altrui abbia successo o meno essa mantiene l'antagonismo tra i soggetti, poiché se uno fallisce l'altro prevale. Dove c'é negazione della volontà, è escluso l'accrescersi della potenza, perché anche la volontà di chi prevale sarebbe limitata dalla volontà, ancorché depotenziata, dello sconfitto. L'accrescimento inoltre è in questo modo condizionato dal prevalere, e tale conzione implica l'idea del non prevalere, e del non prevalere la paura, che impedisce di pensare e dunque diminuisce la potenza. Uccidere l'antagonista (necare), come forma estrema di negazione dell'altro, non risolve il problema del dover prevalere e della paura di non prevalere, perché la volontà dell'uomo è eterna, e sopravvive al soggetto che l'ha esercitata. Che gli uomini infine prevalessero insieme infinitamente sulla natura che li ospita è escluso dalla dimensione finita del mondo accessibile, a prescindere dal fatto che la natura eserciti o meno a sua volta una volontà.

  Per poter accrescere indefinitamente la propria potenza, è dunque necessario che la propria volontà non neghi quella altrui. Il volere da cui consegue il bene non può che essere volere anche il volere, e dunque il bene, dell'altro. Il volere di ognuno in questa prespettiva viene permeato dal volere dell'altro, che è necessario, per raggiungere il bene, includere nella propria volontà quella altrui, determinando la potenza come potenza di tutti.

 La relazione di comunanza della volontà si potrebbe dire accordo se fosse circostanziata a finalità di interesse particolare dei soggetti, ma essendo coinvolta in una proiezione di diffusione globale, eccede i limiti costitutivi del concetto di accordo, che può essere solo circostanziato ad una finalità particolare. A differenza delle utopie storiche inoltre, la realizzazione del bene come accrescimento della potenza non consegue dall'applicazione di una legge o all'adeguamento ad una visione particolare e precostituita, ma è conseguenza della illimitatezza della volontà, intesa conseguentemente alla sua natura radicalmente globale, cioè comprensiva della volontà altrui. E' un bene indeterminabile, poichè attuato in uno stato di continua espansione, conoscibile solo a posteriori nelle sue parziali dimensioni trascorse, non come oggetto compiuto e descrivibile. Un bene inconoscibile. E la volontà, nei suoi successivi stati di accrescimento, non può rivolgersi ad esso come ad un fine determinato.

  La finalizzazione impedirebbe la stessa prassi della volontà di accrescere la propria potenza, da un lato poiché le determinazione di un fine impedirebbe alla potenza di crescere successivamente al suo raggiungimento del fine, dall'altro perché il mantenimento di una finalità definita impedirebbe la considerazione della volontà altrui nell'esercizio della propria. Eccone brevemente il motivo.

 La considerazione della volontà altrui non può avvenire istantaneamente, ma segue un processo di coscienza contestuale alla sua manifestazione e alla percezione ed interpretazione di tale manifestazione. Diversamente, il fine come oggetto determinato, è frutto di una riflessione limitata, e presenta le determinazioni comprese nella riflessione nell'istante del suo cessare. Nella sua durata, la coscienza della volontà altrui e la sua considerazione nell'esercizio della propria, richiederebbe che il fine stabilito in principio venga continuamente ridefinito, ovvero che continuamente contraddica se stesso. Da cui, se un fine della propria volontà stabilito in principio rimanesse uguale a se stesso durante la coscienza della volontà altrui, questa non potrebbe essere considerata.

  La volontà die soggetti nell'ambito della relazione di comunanza può sussistere soltanto svolgendosi secondo la direzione circolare che comprenda al suo interno i soggetti interessati dalla relazione in atto. A tale scopo la manifestazione della volontà attraverso l'azione può invadere lo spazio della potenziale azione dell'altro e non rendere possibile la manifestazione della sua volontà, onde il circolo si romperebbe.


  Tra gli archetipi del potere è il patriarcato ad essere prevalso. Le forme della sovranità vi si sono conformate, e l'Occidente ha sviluppato le modalità di potere delle antiche civiltà patriarcali, intraprendendo, apparentemente inesorabilmente, la via del Padre. 

  È una scelta via via sempre più esclusiva, perché sempre più gli organi di potere sviluppati su questo modello temono il suo rovesciamento. La via del Padre ha assunto la condizione di evidenza immanente, ponendosi come destino immutabile. 

 Per stabilizzare la via del Padre è stato necessario allontanare dall'universo speranziale, e progressivamente dall'ambito del possibile, la via della Madre. 

   La Madre è stata confinata nella sua stessa immagine, degenerata in „significante vuoto“, attraverso la diffusione ossessiva dell'immagine della madre col bambino, ad opera della chiesa romana, e alla sua sublimazione ad una sfera mitica politicamente irrilevante, a beneficio di un simmetrico significante paterno: lo Stato nazionale. 

   


  La „colpa metafisica“ dell'occidente è quella di essersi privati della possibilità di volere, sublimando il Padre, arbitro del desiderabile, nelle forme che il logos ha reso necessarie in virtù della sua finalità: la disciplina del vivere all'interno di una società capitalista. Il fallimento a cui la civiltà occidentale è pervenuta su questa via è espresso dalla disumanità crescente delle azioni dei regimi occidentali, come il condizionamento e l’induzione di conflitti bellici dislocati sull’intero pianeta. Tale interventismo, spesso mascherato da umanitarismo o da proselitismo della democrazia, viene dichiarato a più voci necessario a mantenere in essere la civiltà occidentale stessa. Ragione, questa che fa apparire le altre come pretestuose.

  Utile al perseguimento della via del Padre è stato allontanare dall'universo speranziale, e progressivamente dall'ambito del possibile, la via della Madre. Ciò è stato realizzato attraverso l'abuso del potere riattivante il desiderio di abitare il nucleo materno Madre-figlio, esercitato dall'immagine della Madonna col bambino. Vediamo come è stato compiuto quest'abuso e come la Madre è stata esclusa via via dal logos, e quindi dalla politica.

  L'induzione del desiderio continuo della madre, tramite la sua immagine, l'ha via via indebolito, fino a ridurlo ad una nostalgia (letizia passata e difficilmente rivivibile). Diffusione dell'immagine e indebolimento della Madre, e non del padre, è stato compito della chiesa romana, a beneficio di un simmetrico significante paterno: lo Stato nazionale.

  In altri termini, l'immagine della madre col bambino non è stata riconosciuta dall'oggettività positivistica, costruita su un accordo intersoggettivo vincolato dall'interesse al dominio, e la maternità permaneva nella sua entità immanente di fatto, esclusa dall'attualità di diritto. La Madre è stata alienata dal reale e confinata nella sua immagine attraverso un'inflazione della sua immagine stessa. Essa degenera, per la sua ripetizione in „significante vuoto“, impoverendo via via il suo significato primo, cioè l'attualità del nucleo vitale necessario madre-figlio, sublimando la sua realtà materiale alla realtà immaginaria di un mito. Geometricamente opposta è l'incarnazione del Padre, che da una propria realtà ipotetica, la cui ipoteticità è radicata nell'incertezza di essere i padri di un determinato figlio e dalla non partecipazione al nucleo necessario madre-figlio, soggiunge alla realizzazione concreta dell'autorità civile.

  Vediamo in che modo. Questa sembra essere la funzione non dichiarata della degenerazione in significante vuoto della Madonna col bambino; in altre parole tale immagine veicola il desiderio di godere dell'abbondanza materna in un discorso, che procede per associazioni metonimiche.

  L'oggetto del desierio, rappresentato primariamente dal Madre-Figlio, viene infatti discorsivamente sostituito metonimicamente con il mezzo per conseguirlo, cioè l'autorità paterna. Padre è colui che rende possibile la maternità, e la via del Padre consiste nel processo di rafforzamento dell'immagine del Padre, di cui la Madonna col bambino diviene metonimia crescente.

  Lo sviluppo del logos così orientato, procede attraverso metonimie successive, alimentate eroticamente dalla permanenza dell'immagine Madre-Figlio, che subisce via via attualizzazioni tecniche, ovvero adeguamenti all'attualità dei mezzi di rappresentazione, senza alterare la propria funzione. Lo sviluppo delle tecniche pittoriche e poi fotografiche e filmiche rendono sempre più esplicita la rinuncia alla chiusura del significante Madre-Figlio nel suo significato primo, ed ogni „riattivazione“ portata dalle successive rappresentazioni, costituisce un passo verso la risoluzione del desiderio primario di partecipare al nucleo Madre-figlio nella sua rinuncia (nostalgia residuale), ovvero nel piacere passivo della sua contemplazione, privo di potenzialità azionali, unito con la tristezza dell'impotenza di restaurarne l'attualità.

  Lungo la via del Padre, l'immagine crescente dell'autorità del primo padre, incarnata dai suoi rappresentanti terreni, cioè i sovrani, si è così sovrapposta a quella decadente del Madre-Figlio, lasciandola sullo sfondo come continuativamente afficiente promessa, immagine permanente e autoindebolente di speranza non utopica. 1 Al perseguimento della via del Padre è accessoria la tristezza dell'irraggiungibiltà della Madre, che si accresce ad ogni mancato realizzarsi della sua perfezione. Il Padre eterno vuole umiltà e rassegnazione, tristezza eterna dell'impossibilità della Madre eterna.

  

   Gli Stati nazionali, le ideologie storiche e i totalitarismi, ciò che è stato chiamato „grande narrazione“, hanno costituito monumentali rappresentazioni del Padre, del dover fare ed essere per tornare al Madre-Figlio, immagini abnormi dell'umano stesso, ingigantito nei vari Leviatani.

  La portata speranziale di tali immagini è quasi svanita dopo la Seconda Guerra Mondiale, ad eccezione di quella che, stando entro i confini del mondo occidentale, è stata danneggiata meno dal conflitto, ovvero gli Stati Uniti d'America, i quali, in virtù della straordinaria superiorità della portata speranziale della loro immagine, espressa in una proliferante varietà di forme, sono stati investiti di tutta la speranzialità europea, la quale non ha mai avuto modo di costituire e riconoscere altra fonte di speranza che lo Stato nazionale costituito su una base di moralità cristiana. Forma leviatanica con una Madonna col bambino di sfondo.

  La novità della nuova immagine di Stato prodotta dagli USA, è che manca la Madonna col bambino di sfondo. Lo spettacolo pubblico dell'identificazione di massa, la cosiddetta pubblicità, ha occupato il luogo vuoto lasciato dal Madre-Figlio, precedente e a lungo unica immagine di pubblica fruizione, producendo immagini in cui l'identità si realizzasse su diverse fasi di coscienza, e che lasciassero dietro la propria apparizione una durata occupata dalla paura di non realizzarsi. La pubblicità ha sovrapposto all'immagine dell'oggetto di desiderio primario - l'abbondanza materna - quella dei modi per riottenerla, metonimia progressiva che realizza la funzione strettamente paterna di veicolare il desiderio. Per svolgere tale funzione senza l'ausilio dell'immagine speranziale (non utopica) del gruppo Madre-Figlio, la pubblicità non ha potuto ereditarne da subito la natura di significante vuoto, in quanto la „catena equivalenziale“2 comprendente i significanti da essa impiegata era del tutto nuova, e il processo equivalenziale è dovuto ricominciare da capo. La pubblicità ha dovuto dunque costituire un corpo di rappresentazione primaria, e i suoi significanti hanno dovuto riempirsi del particolare umano. Essa si è arrogata, grazie ad una possibilità di diffusione materiale immane (la presenza capillare dei mezzi di comunicazione di massa), il potere di afficere la persona indipendentemente dalla sua volontà (se non contro di essa), per causa stessa della sua appartenenza al gruppo sociale occidentale, in tutte le sue fasi di coscienza e di funzionalità sociale. Le fasi di coscienza su cui la pubblicità interviene più massivamente in ogni periodo storico corrispondono alle età della vita e alle relative funzioni sociali a cui appartiene il consumatore più emancipato nella scelta di consumo. Perché sia effettivo il potere dell'immagine, di condizionare i comportamenti e le scelte di consumo, l'affezione da essa prodotta deve essere in grado di avviare un processo di coscienza, ovvero produrre una passione che generi un'idea inadeguata che si ancori ad un significante, il quale proliferi in una crescente ideologia.

  La passione generata dal gruppo Madre-Figlio, prevalente immagine pubblica precedente l'era della riproducibilità tecnica, era la speranza (non utopica), che ha motivato le masse all'ottemperanza delle leggi dello Stato patriarcale, andando in guerra, inurbandosi e migrando per avvicinarsi al totem. Il nuovo motore erotico agisce in senso opposto alla passione per la Madre, sottoponendo l'individuo all'immagine del suo dover-essere, consistente nella negazione dell’agire spontaneo (quello che segue la linea erotica primaria materna), nella quantificazione morale dell’agire (peccato) e del rifiuto della propria stessa istintualità primaria per paura di cadere nel peccato.


  La pubblicità dal primo dopoguerra ha prodotto una nuova immagine dei ruoli sociali, e vorrei dimostrare qui che i modelli di consumo e di comportamento rappresentati dalla pubblicità dal dopoguerra in avanti riposano su un concetto orizzontale di egemonia. In altre parole, in luogo della procedente disposizione verticale dei ruoli sociali, essi vengono presentati su un piano orizzontale. Sulla disposizione verticale si era basata la lotta di classe e il mantenimento in essere dell'intera società attraverso la volontà di rivincita sociale e le violenze rivoluzionaria e reazionaria (funzionalità soreliana della violenza per al mantenimento dell'impianto sociale nel suo complesso). Dopo la seconda guerra mondiale la classe dominante occidentale ha l'opportunità di rifondare l'immagine della collettività, e lo fa collocando le tradizionali classi sociali su un unico piano illusoriamente egemone. La funzionalità della violenza per il mantenimento in essere della civiltà, comporta l'emergere di un impianto ideologico che trascenda le stratificazioni avvenute al suo interno. Era già per Sorel la necessità della conflittualità di classe e del conseguente esercizio della violenza, legge efficiente solo in compresenza di un motore speranziale trascendente generato da un'idea di abbondanza immanente, e l'alimento di tale speranza ancora l'immagine Madre-Figlio. In assenza di tale motore, la conflittualità porta all'implosione della società. A questo proposito è indicativo ciò che succede nella campagna russa negli anni '20 del secolo scorso, in cui i bolscevichi, in virtù di della strutturalità speranziale della classe operaia rispetto alla società a venire, rovesciano con lo zar anche l'immagine Madre-Figlio diffusa dall'ortodossia e la conscienza della maternità in atto della terra. I contadini, soprannominati sprezzantemente „kulaki“ (approfittatori), subiscono la rivoluzione e i bolscevichi gettano alle ortiche l'idea di abbondanza della natura e di ricchezza ecologica che i contadini potevano testimoniare e trafire. La vuotezza ideologica dell'attualità dell'abbondanza contadina non poteva, del resto, che essere vista come una forza antitrascendente contraria alla diffusione dell'ideologia marxista e un avversario da abbattere.

  Il socialismo in Russia e il nazionalsocialismo in Germania si oppongono ed eliminano gli elementi forieri di un socialismo ecologico e paritario in atto: Rosa Luxemburg viene uccisa e la fase dittatoriale della rivoluzione russa non verrà mai superata. Il capitalismo, d'altra parte, ha trovato la sua piena giustificazione morale nel l'opporsi al proletariato, a seguito della radicalizzazione della lotta di classe.

  All'inizio della seconda guerra mondiale l'occidente non dispone più già da tempo dell'impianto speranziale bidimensionale (Madre-Figlio più Sovrano), ed il campo immaginativo collettivo è libero di accogliere nuove rappresentazioni. Il nuovo sistema semantico di autoraffigurazione collettiva si impoverisce ulteriormente dopo il conflitto: gli Stati, responsabili della tragedia umanitaria delle due guerre mondiali, hanno perso la credibilità paterna, che si basa su una promessa di benessere, e perdono il ruolo di padri. La speranza si catalizza su un nuovo principio di convivenza, in cui non c'è più posto per la lotta di classe; un nuovo collettivismo in cui, in assenza di un padre vigile e severo, gli individui si facciano ciascuno portatore di responsabilità. Lo Stato assolutamente vincitore, gli USA, prevale nella capacità di catalizzare la speranza in ragione della sua vittoria militare, come del tramonto delle due immagini speranziali precedenti: la Madre e la lotta di classe.3 Inoltre, esso è l'unico Stato a non aver ricoperto, sin dalla sua fondazione, il ruolo paterno di arbitrio sul desiderio, e per questo è in grado di fornire l'immagine di convivenza democratica che in Europa era stata, fino ad allora, solo pensata.

  Il nuovo imperialismo americano non offre nemmeno un'immagine paterna dell'autorità; si lascia semmai pensare come luogo del progresso, dell'autodeterminazione, del futuro, del sogno, e di altri „significanti vuoti“. Di contro, esso mette, attraverso la comunicazione di massa, l'individuo a confronto con modelli che compongo via via un sistema semantico di autoraffigurazione massificata.

  Il nuovo sistema non ha più nulla di eterogeno, e il proletario come il borghese subiscono un patriottismo necessario, da cui non usciranno mai con le proprie forze. Non c'é più una madre sullo sfondo a lasciar divergere lo sguardo da sé, in virtú di una possibilità di redenzione, e nemmeno di un padre che si stagli nitido su questo sfondo, ma solo uno sguardo paterno rivolto all'inidividuo e l'obbligo di rispecchiarsi in un'immagine di dover-essere. Immagine articolata, è vero, perché rivolta a tutti i ruoli sociali, ma appiattita su un unico piano rispecchiante, il quale costringe, pena l'esclusione dallo spettro sociale, la precedente classe privilegiata, la vecchia borghesia terriera ed industriale, a rispecchiarvisi a sua volta. Essa viene così privata, dal nuovo potere di un gruppo sovralocato – la parte di essa costituitasi monopolista dei mezzi di informazione, massoneria intellettuale in grado di produrre un immagine funzionale alla conduzione di un capitalismo di cui non si metta mai in discussione l'egemonia – della possibilità di produrre un'immagine autorevole e potenzialmente egemone di sé.

  La borghesia produttiva (industriale e terriera) rimane via via esclusa dal monopolio dei mezzi di comunicazione e dal potere intellettuale di produrre immagini afficienti la collettività. Subirà il fascino della monetizzazione, venererà il dio denaro a tal punto da assecondare una valorizzazione eterodiretta del proprio capitale e ad assumere in conseguenza di ciò una posizione instabile e subalterna. Solo la parte più avida e antisociale di questa borghesia, che abbandona il valore cristiano della fratellanza, e che da questo momento non si può più propriamente definire borghesia, è in grado di costituirsi parte attiva nella manipolazione dell'informazione e nella conseguente creazione del consenso per perseguire i propri interessi. La piattezza del piano rispecchiante che tale potere pone davanti a tutta la società è funzionale ad uniformare il linguaggio di massa, minimizzarne le differenze e così la capacità di misconoscere i messaggi rivolti alla collettività.

  Il padrone, il professore come il proletariato, vengono affetti dai messaggi pubblicitari, nel dopoguarra e fino alla post-modernità, attraverso immagini-modello, afficienti paura e non speranza. Immagini che operano secondo una direzione opposta all'immagine-speranza del Madre-Figlio, in quanto generano il desiderio di emulazione di un immagine-modello. A questo scopo, tali immagini assumono su di sé quella che era stata la dinamica significante dell'immagine Madre-Figlio, e, vedremo, ne ripercorrono la parabola di progressivo svuotamento. La pubblicità commerciale del dopoguerra si avvale di „significanti pieni“ per farsi metafora di un agire sociale; realizza raffigurazioni realiste, in cui il modello è pienamente incarnato da esseri umani impiegati esclusivamente a tale scopo, non resi celebri attraverso altri mezzi di diffusione (il cinema). Il „significante pieno“, della piena, carnale rappresentazione del ruolo sociale è strettamente metafora di esso e secondariamente sineddoche, se si considera la molteplicità degli individui ricoprenti quel ruolo e la singolarità dell'attore. Vediamo come tale significante slitterà metonimicamente fino a svuotarsi completamente.


  La diffusione capillare del mezzo televisivo è stata la precondizione dell'emergere di una nuova egemonia culturale. A questo scopo è stato necessario che attraverso i mezzi di comunicazione di massa non apparisse un'immagine plurale di società, ma che l'insieme di rappresentazioni proposte si attenesse ad una monodimensionalità della concezione della vita umana, la quale si realizzasse solo seguendo una sequenza lineare di modelli.

  Per massimizzare l'afficienza del nuovo piano rispecchiante, l'immagine da esso proposta deve porsi sostanzialmente come unica possibile. Per questo risulta necessario neutralizzare la potenziale fonte di raffigurazione alternativa, cioè azzerare la produttività semantica della borghesia intellettuale, ed escludere dall'ambito del rappresentato soggetti non trascendibili, cioè le masse stesse.

  Allo scopo di rendere inattiva la borghesia intellettuale, possibile fautrice di un'alternativa, essa viene progressivamente esclusa dalla produzione dell'immagine-modello. La prima generazione di autori, che produsse in Europa una televisione di contenuto artistico e documentaristico negli anni '50 e '60, e una pubblicità in cui resisteva una narratività fine a se stessa, cederà il posto ad autori via via più consapevoli della natura metalinguistica del linguaggio televisivo, se non della sua funzionalità al potere. Conseguente a questo disciplinamento contenutistico e alla corrispondente spersonalizzazione dell'autore (che in America era già stata realizzata dall'industrializzazione della produzione cinematografica) è la privazione della borghesia intellettuale della sua egemonia culturale. La letteratura classica e la cultura alta in generale, precedentemente prerogativa della classe dominante, viene resa accessibile a tutti e, oltraggio massimo, utilizzata a fini commerciali.4

  Perchè la massa, ovvero il maggior numero possibile di individui, venga condizionato nel propri comportamenti e scelte di consumo, è necessario che il soggetto dell'azione-mito sia irraggiungibile, ovvero costituisca un modello stililzzabile. Le figure rappresentate dalla pubblicità appartengono già all'universo sociale di recente creazione, sono già prodotti della nuova „ingegneria sociale“, forgiati su predeterminate scelte di consumo, quindi ulteriormente stilizzabili a figura mitica. Il nuovo piano rispecchiante rappresenta la casalinga, l'uomo d'affari, l'impiegato, mai l'operaio o il contadino. Figure, queste, appartenenti al panorama sociale precedente la mitizzazione della società stessa e forieri di un movimento tropico di significanti, o di „concatenazione equivalenziale“, secondo la terminologia di Laclau, di natura antitrascendente, che porterebbe alla coscienza di uno stato di necessità proprio del nucleo materno. L'accesso del proletariato alla nuova efficenza proliferante del significante riprodotto tecnologicamente sarebbe altamente pericoloso per il gruppo egemone, non tanto perchè comporti la possibilità di una riattualizzazione della coscienza di classe, quanto perchè possa riattivare una „catena equivalenziale“ di verso opposto all'azione metonimica e trascendente del mito. La riproposizione dell'immagine Madre-figlio come rappresentazione di un equilibrio tra le risorse naturali e le necessità, rivelerebbe da un lato l'eccedenza produttiva e il perseguimento del profitto massimale, modo non nuovo di costituirsi della base materiale del potere (quandanco assunto da nuovi attori), e dall'altro la effettività della Madre, come principio speranziale che non risulterebbe più sullo sfondo dell'immagine leviatanica, bensì emergerebbe in primo piano, priva dello schermo del dissolto Stato patriarcale.

  Considerando insomma ciò che la pubblicita evita sistematicamente di rappresentare, si può avanzare che a invertire il processo egemonizzante della nuova massoneria capitalista anti-borghese sarebbe un processo metonimico di natura mistica di verso opposto, che attivato dall'immagine Madre-Figlio genererebbe una proliferazione di significanti sempre più aderenti ad un senso di coincidenza tra risorse e bisogni (abbondanza) che delegittimerebbe il capitalismo nella sua epistemologia della scarsità.

  L'azione metonimica pubblicitaria/paterna minimizza la nostalgia del nucleo materno, o di affezione dalla sua immagine ancora prodotta dalla Chiesa cattolica. Tale affezione è ciò che Freud aveva chiamato „istinto di Nirvana“, ed era già residuale ai tempi degli stati nazionali, in cui Freud vive. Diventa nel dopoguerra ulteriormente residuale, ma sarà recuperato, al fine di identificare la realtà oggettuale con una condizione di abbondanza, in un epoca successiva, che si è detta post-moderna.

  La trascendenza indotta dalla diffusione materiale immane del messaggio pubblicitario consiste nella impossibilità di poter aderire completamente ai modelli raffiguranti le funzioni sociali. I modelli vengono ancora espressi in modo allegorico, tanto che una parte della pubblicità commerciale si manifesta come divertissement di per sé piacevole. Questa „simpatia“ pubblicitaria, non sottrae la potenzialità minacciosa dell'immagine-modello. La paura indotta era quella di non essere in grado di ricoprirli, e di essere conseguentemente esclusi dalla società. Una paura, questa, che si rifà ad un identificazionie pre-romana della persona con la comunità mai completamente decaduto e in questa occasione puntualmente riattivato, ricorrendo la sua funzionalità di supporto materiale del potere in atto, in questo caso del capitalismo.

  La paura di non ricoprire correttamente il proprio ruolo sociale, in altre parole di non svolgere il proprio dovere, è conseguenza della libertà di scegliere, dell'angoscia primitiva di potere agire diversamente. L'essere causa propria del proprio agire è possibile solo in assenza di altre cause, assenza che costituisce lo stato di necessità. L'agire per una sola causa è dunque esercizio di una libertà necessaria,concetto a cui converge la letteratura giusnaturalista (Kropotkin in primis), attraverso la riduzione ad un unico ente (la natura) delle cause dell'agire, unita ad una inconsapevolezza di essa.

  La paura di non aderire alla società (minaccia preconscia della sua dissoluzione complessiva) viene massimizzata dal potere capitalista sovraborghese attraverso i mezzi di comunicazione di massa e resa, al pari della natura per il giusnaturalismo, unica causa dell'agire, opportunamente e simpaticamente nascosta alla coscienza.

  L'unicità di tale causa di paura massimizza la paura stessa, poichè ogni affezione è più forte se operata da una sola causa, e viene messa gravemente in pericolo dalla possibilità di essere rappresentata. La rappresentazione della causa della paura, infatti, produce un'immagine che affice il soggetto a sua volta, e rompendo l'unicità della causa in una molteplicità, la divide nelle sue raffigurazioni e la rende pensabile. La paura scaturisce dall'incertezza della soddisfazione del bisogno, e l'effettività della prima ha origine nell'unicità o nella molteplicità della rappresentazione del secondo. Vedremo ora come la via della Madre costituisca la via della molteplicità della rapprentazione, mentre la via del Padre quella dell'unicità.


  Lo stato di necessità decade nel momento in cui un bisogno produce, oltre all'azione necessariamente libera della sua soddisfazione, anche il ricordo dell'esperienza della sua soddisfazione e la prima rappresentazione del suo ricordo. La scena di caccia dipinta o incisa nel paleolitico raffigura l'esperienza, e in questa rappresentazione l'uomo paleolitico si rispecchia. Si danno a questo punto due possibilità interpretative e due corrispondenti direzioni di sviluppo ideologico.

  La prima, denotativa, si può riassumere nel predicato: „l'uomo ha affrontato l'animale e l'ha ucciso“. Tale interpretazione è di natura metaforica, poichè la rappresentazione è una metafora dell'avvenuta azione di caccia, della quale si espone l'attualità, una qualità irrappresentabile in sé, ma che essa esprime (tramite l'artefice raffigurante) in se stessa. Questa rappresentazione puramente metaforica, lo „stare per“ un'azione, non scioglie il suo seme irrappresentabile, poiché essa allude continuamente a qualcosa che essa stessa non può essere, cioè l'azione. In virtù del fatto che essa non può chiudersi in se stessa, la rappresentazione vive, cioè prolifera in nuovi significanti che non escono dall'influenza della qualità primaria irrappresentabile, e si possono considerare, a loro volta, raffigurazioni primarie. La primarietá di una raffigurazione è ciò che distingue da sempre la ricerca di una prospettiva primaria di percepire che oggettivizzi una qualità irrappresentabile, anche quando l'oggetto della raffigurazione è la dialettica e la perversione. Questa via di sviluppo ideologico e semantico, denotativo e metaforico, riposa sull'idea di uno sviluppo intrinseco dell'agire, e di una sua intrinseca noncuranza della quantità di risorse disponibili e necessarie all'azione (abbondanza), coinvolgimento vitale qualitativo proprio della Madre. Questo sviluppo risulta di ordine radiale, in cui ogni rappresentazione e corrispondente azione segue la precedente secondo un proprio „essere nella natura“, e diverge alla generazione di uno spazio irrappresentabile immanente, che la filosofia del Seicento ha chiamato Natura.

  La seconda interpretazione è di natura connotativa, riassumibile nel predicato: „bisogna affrontare l'animale e ucciderlo“; essa aggiunge alla metafora della rappresentazione un valore metonimico, in quanto essa non è solo sostituzione del ricordo dell'azione e sua materializzazione, ma sta per il dovere di ripeterla. Tale interpretazione misconosce i limiti della qualità intrinseca, li trascende, e la proliferazione di significanti che avvia, riposa sull'idea di uno sviluppo estrinseco dell'agire e di una sua intrinseca insufficienza (scarsità). Vittima e ad un tempo custode della scarsità che regna al di fuori del nucleo materno è propriamente il Padre, compito irrappresentabile del quale è disporre le idee (attraverso le loro rappresentazioni) secondo un ordine lineare che conduca ad espletarlo, cioè ad un ricorsivo dover agire. La configurazione ideologica di tale forma di proliferazione dei significanti e dell'agire corrispondente appare dunque in forma lineare, in cui ogni azione, mossa dalle rappresentazioni delle precedenti secondo un proprio “essere nel dovere“, converge ad un'idea irrappresentabile ultima di Legge.



Tab 1.


Tab. 2


  Confrontiamo i due modi in cui una rappresentazione primara può essere interpretata e le direzioni in cui essa può proliferare.

  La prima (materna) si può definire di tipo metaforico/artistico, e conduce alla produzione di una molteplicità di immagini metaforiche che raffigurano il bisogno. La Rappresentazione è, nella Madre, coesistenza di raffigurazioni e loro assemblamento con funzione significante, e motore di una serie di azioni possibili.

  La seconda direzione (paterna), segue invece uno sviluppo metonimico/ideologico; in essa si raffigura il bisogno già nell'azione di soddisfarlo, e la sua rappresentazione, ottenuta dalla coesistenza delle sue raffigurazioni, è la norma di cui le azioni si possono considerare attuazione. Interpretare la rappresentazione dell'azione passata secondo la via materna o la via paterna è stato l'aut-aut a cui le societá sono state continuamente sottoposte, e dai successivi esiti della scelta si è generata la razionalizzazione del tempo storico in patriarcati e matriarcati.

  Alle evoluzioni semantiche verificantisi nei due ambiti (metaforico/artistico nella Madre e metonimico/ideologico nel Padre), corrispondono due processi di coscenza propri di ciascuna via, i quali tendono ciascuno ad un oggetto diverso. Nella Madre le linee coscienziali-semantico-razionali divergono verso il concetto di natura nel senso di estensione, di natura naturata; la proiezione razionale porta dunque, attraverso un continuativo „essere nella natura“ ad una idea immanente di Natura. Il processo opposto a quello razionale, cioè quello fideistico, converge al concetto-nucleo di natura naturans, originante l'origine, la prima azione, cioè la nascita, idea prima di natura naturans. Su un piano qualitativo astorico, la proiezione razionale e l'asserzione fideistica coincidino nell'idea di Natura.

  Specularmente, secondo la via del Padre la proiezione razionale di un continuativo „essere nella Legge“ si muove in verso concentrico ad un „Dovere“ assoluto, mentre l'atteggiamento fideistico porta a postulare un „Dovere“ originante immanente, già in grado di condizionare l'azione dislocata, cioè non ancora inserita in una catena metonimica.

  La via della Madre si fa perseguimento volontario e sviluppo ideologico della sua stessa coscienza attraverso la conoscenza dell'abbondanza che soddisfa il bisogno conosciuto (desiderio). La produzione di una rappresentazione di tale desiderio è dunque rappresentazione secondaria della relazione tra le rappresentazioni primarie dei bisogni (razionalizzazione secondaria), e costituisce ciò che la civiltà imperialista ha confinato all'ambito della produzione artistica.

  La via del Padre invece prende avvio dalla misconoscenza del bisogno nella sua immediata emergenza, e di una sua immediata traduzione in un dover agire divergente dalla soddisfazione dello stesso, anche se in sua considerazione. La conoscenza del bisogno non è iscrizione di esso in un insieme di bisogni (degli altri elementi della comunità e della natura circostante), ma la negazione della sua emergenza e la sua proiezione nel futuro della sua soddisfazione.

  A questi modi di conoscere il bisogno corrispondono la via denotativa e connotativa di interpretare le rappresentazioni di cui prima, e così gli intenti di produrre le successive. La proiezione nel futuro dell'incerta soddisfazione del bisogno rimane inevitabilmente minata della paura che essa non avvenga. Data la primaria importanza della salute della collettività e della propria aderenza ad essa ai fini di una soddisfazione già in sé incerta, la paura di esserne esclusi affice l'individuo posto in questo stato di incertezza in modo consistente. La massimalizzazione della paura è risultanza del percorrimento della via del Padre; è lo sviluppo metonimico del principio paterno di differimento della soddisfazione del bisogno e di sublimazione del desiderio, attraverso cui la comunicazione di massa ha imposto nel dopoguerra all'individuo una condizione di libertà necessaria, ovvero schiavitù verso una paura inconsapevole.

  La permanenza in uno sviluppo metaforico seguente alla conoscenza del bisogno come elemento di un insieme significherebbe percorrere invece la via della Madre, e a rappresentare l'agire stesso come soddisfazione di un desiderio. Ogni raffigurazione appartenente a questo sviluppo avrebbe come unico ricorrente significato quello della possibilità di emergere di un bisogno o di un altro, all'interno dell'insieme dei bisogni conosciuti. Considerando il bisogno come elemento esso diviene desiderio, e il suo emergere corrisponde all'emergere del bisogno aggiunto della coscienza di esso come elemento d'insieme. Essendo ogni desiderio emergente (con il bisogno) per causa propria di chi desidera, rappresentarlo è significare la libertà dell'individuo, che vivrebbe in uno stato di libertà significata.

 

  Come già considerato, le due direzioni interpretative veicolano due diversi sviluppi della coscienza e del suo apparato discorsivo, cioè dell'ideologia. Riguardo alla coscienza, il suo primo passo, che nei due casi viene eseguito in direzioni divergenti, è la conoscenza del proprio bisogno. Secondo la via della Madre e la via del Padre, l'uomo conosce il proprio bisogno in modo diverso, e dalle due vie scaturiscono due diversi tipi di desiderio.

  La fame avviene per causa propria del vivente in quanto vivente; egli solo è causa di essa e se ne può dire causa prima. Percorrendo la dialettica spinoziana, il bisogno diventa desiderio quando è consapevole di sé. Per diventare desiderio, dunque, il bisogno si deve esplicitare come un bisogno fra altri, appartenente ad un insieme, da qui la razionalizzazione dei bisogni, la necessità di farli coesistere con altri, il loro ricorrere nel tempo. La concatenazione storica dei bisogni corrisponde allo sviluppo del processo vitale accoppiamento-nascita-nutrimento, in cui da ogni bisogno (accoppiarsi) ne segue un altro (nascere) e da qui un'altro ancora (nutrirsi), e l'immediatezza di tale necessarietà realizza l'ideale „Essere nella natura“, ovvero la pura legge naturale. Questa razionalizzazione primaria, cioè sempre riferita al fatto vitale primo (il bisogno), segue il medesimo sviluppo geometrico dell'azione nella topologia della via materna della costituzione dell'individuo-natura. Riducendo all'elemento A, che stava soltanto per „azione“, l'intera catena bisogno-raffigurazione-azione, otteniamo che i bisogni si sviluppano radialmente da un'altro bisogno, in uno spazio in cui, irradiandosi in direzioni diverse, si possono incontrare, cosa non possibile nello sviluppo geometrico dell'azione secondo il modello rappresentante la via paterna.

  Considerando la storicità della concatenazione bisogno(B)-raffigurazione(R)-azione(A), la linea storica dell'individuo X può intersecare quella dell'individuo Y in punti corrispondenti, per entrambi, a diverse fasi: X in B e Y in A, X in R e Y in B ecc.

  Considerato all'interno di un insieme così ulteriormente articolato razionalmente (razionalizzazione secondaria), l'azione per soddisfare il bisogno di un individuo può essere complementare coll'azione per soddisfare il bisogno di un'altro individuo. In tal caso una medesima azione soddisfa i bisogni di due individui.



  X---->B(x)---------->R(x)------------->A(x)<-->A(y)

| ^

| |

------------------------------ R(y)

^

|

B(y)

^

|

Y


Tab. 3


La complementarietà di A(x) con A(y) è del tutto casuale se A(x) non è veicolata verso A(y). Per il mondo vegetale e animale la Rapprentazione coincide con l'Azione, ed il destino è determinato dalla natura stessa della specie, per cui il bisogno è solo bisogno di mantenersi uguali a sè stessi. Da qui la staticità evolutiva delle specie animali.

  È destino della gazzella correre per sfuggire al leone, perché è essenza della gazzella l'essere leggera e veloce, in virtù della minaccia di essere predata. La predazione, azione del leone, incontra il bisogno della gazzella di dover correre per mantenersi gazzella, ed è frutto di una rappresentazione (calcolo delle traiettorie da percorrere, determinazione del momento di attacco) che corrisponde strettamente con l'azione, non esprime una volontà diversa da quella di soddisfare un bisogno immediato, per cui la linea storica che congiunge bisogno ed azione risulta ininterrotta, e la rappresentazione essere una geometria dell'agire che solo l'uomo può osservare e sistematizzare come distintivo e proprio di una specie.

  L'uomo distingue invece il bisogno dall'azione per soddisfarlo, la propria essenza non è mai definitiva e stabilizzata in un destino, perché la linea B-A, vettore erotico che conduce un bisogno alla sua soddisfazione, è interrotta da un'articolazione (R) che si manifesta come elemento distintivo, in grado di deviare la sua prosecuzione verso A. L'essenza morale dell'uomo, che lo distingue dal mondo animale e vegetale, sta nella non necessarietà della raffigurazione di un bisogno e nella conseguente distinzione della rappresentazione dall'oggetto rappresentato. Intendiamo quindi per raffigurazione una geometria prodotta necessariamente dalla gestualità dell'individuo per soddisfare un proprio bisogno. L'uomo si distingue gradualmente dall'animale producendo raffigurazioni in cui si può rispecchiare, ovvero metafore pittoriche dell'azione, cioè metonimie del bisogno, copie dal vero, la cui esecuzione discende necessariemente dalle capacità percettive e gestuali dellìndividuo. È la possibilità di ricordare diverse raffigurazioni di un'azione a sottrarre il carattere di necessarietà al raffigurare, poichè l'esperienza della diversità delle raffigurazioni di un medesimo bisogno attraverso la metonimia dell'azione, rende possibile la varietà della raffigurazione. Raffigurazione cosciente della sua possibilità di essere diversa da se stessa è rappresentazione. La scelta di una rappresentazione all'interno di un insieme di rappresentazioni possibili è la prima fase in cui si esercita la volontà, e corrisponde nella dialettica di Spinoza alla conoscenza particolare di un bisogno, ovvero a B+R.

  Se della raffigurazione si può dire che essa discenda necessariamente dall'insorgenza del bisogno e costituisca una geometria di un agire necessario, si può affermare che bisogno,raffigurazione ed azione siano in realtà una cosa sola, e distinguibili dall'uomo in virtù di capacità di razionalizzazione maturate molto successivamente alla nascita della rappresentazione. In sostanza, nell'ambito vegetale ed animale, non essendo possibile la rappresentazion, la distinzione tra B, R ed A è solo teorica. Vediamo in dettaglio come la rappresentazione sorge dalla possibilità di raffigurare diversamente. Dato che di un bisogno B si possono produrre diverse rappresentazioni R1,R2,R3,R..., se R1 diverso da R2 diverso da R3 diverso da R... allora R è sempre diverso da B, ad esclusione di una rappresentazione primaria, che coincida con la raffigurazione, che però risulta indistinguibile dalle altre rappresentazioni. Il grado di libertà quadagnato dalla raffigurazione (che in virtù di tale acquisizione si chiama rappresentazione) è in realtà il suo inserimento in un sistema più complesso rispetto alla linearità B-R-A del singolo individuo, ovvero il sistema delle rappresentazioni prodotte da diversi individui. Dandosi, infatti, per l'umano, una maggiore indipendenza della rappresentazione dal bisogno, essa si può muovere secondo una sua linea erotica secondaria, in cui possiamo riconoscere l'insorgenza dell'estetica, che traccia le direzioni di attrazioni esercitate da altre rappresentazioni.

  Più in dettaglio, se X non viene affetto dall'immagine del bisogno di Y, allora conosce solo il proprio bisogno. Sul piano originato dai due assi XY, vettori erotici agenti contestualmente al processo di razionalizzazione secondaria (vedi Tab. 3), A(x) interseca A(y) solo se X produce R(x) in seguito ad una sua affezione da parte di R(y). Una complementarietà tra bisogni di due individui simile a quella che avviene in natura, è condizionata ad una relazione tra le rappresentazioni dei loro bisogni che essi producono. Tale relazione costituisce lo sviluppo ecologico del linguaggio, che esprime i bisogni sotto la spinta erotica della costruzione di rappresentazioni comprensibili, principio costruttivo combinatorio identico a quello naturale. O per meglio dire ingerenza del principio costruttivo combinatorio naturale nella costituzione e combinazione dei segni. L'emergere di tali rappresentazioni, mosse da due linee di forza (per X, B(x)-R(x) e R(y)-R(x)) costituisce il processo di Coscienza del Bisogno, riassumibile, secondo la dialettica di Spinoza, nel Desiderio.

  Tab. 4


  Se X si rispecchia nelle raffigurazioni primarie del suo bisogno R(x) e contemporaneamente in quelle del bisogno di Y, R(y), allora si dà una conoscenza del proprio bisogno ed una sua rappresentazione Rapp(x) che appartiene allo stesso ambito rappresentativo, ovvero è composta secondo elementi linguistici comuni. Se è la razionalità primaria della raffigurazione a produrre gli elementi primari del linguaggio (i sintagmi per il parlare), allora le rappresentazioni prodotte utilizzando un unico insieme di elementi R'(x), R''(x), R...(x), R'(y), R''(y), R...(y), appartengono allo stesso ambito di rappresentazione, ovvero sono comunicabili agli individui che le hanno prodotte. La rappresentazione del desiderio (prodotto della razionalizzazione secondaria del bisogno) è dunque un atto libero, perché frutto dell'inserimento nell'insieme delle raffigurazioni del bisogno, di proprie raffigurazioni (dovute all'esistenza del proprio corpo), e nello stesso tempo veicolato dall'utilizzo di raffigurazioni primarie prodotte da altri individui. La rappresentazione è il primo atto della volontà, in un iter storico che, tra l'individuo e la sua azione, non può non comprendere l'articolazione della rappresentazione del proprio desiderio.

  La Tab. 4 è un dettaglio della Tab. 1, laddove un azione A originata radialmente da un'agente A, incontra e coincide con un'azione A prodotta da un agente A dislocato dal primo. L'azione e l'agente tendono, secondo questo modello geometrico, a coincidere nel segno A, in quanto, nella continuità vitale dell'agire, l'esistenza stessa dell'individuo coicide con il suo agire. In Tab. 4 il tempo storico viene razionalizzato e descritto il processo per cui gli individui X e Y possono convergere all'azione A, e come emerge A in quanto agente ed azione in uno sviluppo topologico radiale ottenuto dalla reiterazione dell'enucleazione operata dalla Madre.

  Nella risoluzione dell'aporia del rappresentare possiamo riconoscere una prima fase dell'esercizio della Volontà (V(x,y)1), che porta complessivamente l'individuo alla sua azione. Una seconda aporia è costituita dalla possibilità di agire diversamente in funzione di una rappresentazione prodotta. In questo caso è la frontalità della vicinanza fisica dell'azione di più individui a consentire una valutazione di opportunità dell'agire, in cui, come per la determinazione della rappresentazione, agiscono un fattore endogeno (la possibilità di agire seguente alla propria rappresentazione) ed uno eterogeno, (la contiguità con l'agire altrui). Nella risoluzione di questa seconda aporia si può riconoscere la seconda fase di esercizio della Volontà (V(x,y)2) che porta alla possibile azione comune (A) degli individui (X e Y).

  Le azioni conseguenti a desideri frutto di rappresentazioni estensivamente afficienti si possono dire modi di agire, la cui ulteriore rappresentazione si può dire scoperta.

  Esaminiamo ad esempio la scoperta dell'agricoltura, operata dalle donne e causa della prima grande rivoluzione dell'umanità, la rivoluzione neolitica. In questo caso possiamo indicare con X l'essere umano e Y la natura, e il modello risulta prevedere una unica articolazione, precisamente in R(x), poichè in natura il bisogno implica necessariamente un azione. R(y) è riconosciuta dall'uomo, ma non è la rappresentazione volontaria della natura, ovvero risultato di una scelta. R(y), ulterioremente, non condiziona A(y); se ne può semmai considerare una forma del suo manifestarsi. Un grande errore della civiltà imperialista è stato postulare che l'azione della natura avvenga in conseguenza di una rappresentazione che l'uomo possa influenzare, ovvero, nel nostro esempio, che A(y) discenda da R(y) ed R(y) discenda da R(x).

  L'invenzione dell'agricoltura consiste nel riconoscere R(y) e lasciar afficere da esso R(x), essendo B(x) la fame. Attraverso quest'affezione, A(x) (semina e raccolto) si direziona conformemente alla complementarietà con A(y) (crescita e morte vegetale). L'azione (A per Tab. 4) risultante A(x)+A(y), è un'accelerazione del processo naturale e una sua collocazione particolare. Riconoscimento di R(y) è possibile solo alla Madre, poiché ella abita la qualità della natuale abbondanza (A(y)) e può accogliere la sua manifestazione immediata. L'attribuzione della scoperta dell'agricoltura alla donna corrisponde, a mio avviso, al suo essere prerogativa dalla Madre.

  La rivoluzione neolitica è prova del potere della Madre, la quale perviene all'intuizione della possibilità di complementarietà senza ricorrere alla quantificazione delle risorse e dei bisogni, ma estendendo l'essenza qualitativa del nucleo Madre-figlio, natura naturans come nucleo qualitativo in sé abbondante.

  

  Prendiamo ora in esame ciò che avviene lungo la via del Padre. Lo sviluppo metonimico paterno si origina dall'estraneità del corpo del padre al nucleo abbondante e complementare Madre-Figlio. Egli non è affetto dal bisogno del figlio, ma ne è la causa materiale. La sua essenza di padre dunque non si attua nella soddisfazione di un proprio bisogno complementare a quello del Figlio, ma nell'essere riconosciuto Padre dalla Madre. A questo scopo il Padre si fa responsabile dell'aver causato il foglio e del suo mantenimento. A questo scopo egli aggiunge al bisogno del proprio sostentamento quello del mantenimento del nucleo Madre-Figlio, pur non essendone il suo corpo affetto. Egli è indotto a mantenere il nucleo Madre-Figlio, si potrebbe dire secondo la terminologia di Spinoza, da un'idea inadeguata, cioè non derivante da un'affezione del corpo. Tale inadeguatezza genera passione, ed è dominante nel Padre la passione di paura di non essere ciò che egli è, somma di due incertezze, cioè quella di non essere riconosciuto dall Madre e quella che il gruppo Madre-Figlio soccomba. È tale incertezza del proprio essere Padre a lasciar tendere il suo agire alla chiusura di un significato che ad un tempo realizzi e disciplini l'azione, ovvero ad un Dovere, una Legge.

___________ ____________

                                                          | | |

M-F-->P-->B(p)=B(p)+B(m-f)-->R1(p)-->A1-->R2(p)-->A2-->R...(p)=Legge


Tab. 5


  Il bisogno aggiuntivo incerto di mantenere Madre-Figlio B(m-f), sommato al bisogno certo del padre di mantenimento di se stesso B(p), genera la sua raffigurazione passionale, alimentata dalla paura dovuta alla doppia incertezza di cui prima. Se il rappresentare è, come detto a proposito dello sviluppo materno, assemblare raffigurazioni di bisogni con una funzione significante, e se il suo risultato è la conoscenza del bisogno, ovvero l'emergere del desiderio, allora il Padre non può conoscere certamente il bisogno. Assimilando P all'individuo X o Y in Tab. 4, tale stato di incertezza può essere risolto solo dalla riduzione delle raffigurazioni R(x,y) ad un'unica raffigurazione, escludendo la possibilità di considerare raffigurazioni di bisogni altrui nella propria rappresentazione e di avviare L'esercizio di un'etica che porti ad un'azione comune.

   La rappresentazione paterna accoglie la sua possibilità di essere diversa da sé con paura, poichè la molteplicità delle rappresentazioni possibili non è una possibilità di assemblare raffigurazioni altrui con scopo significante, bensì la perdita di una possibilità di chiusura di un significato e di una legittimazione dell'agire. Dato che il Padre conosce immediatamente l'incertezza delle raffigurazioni, le ultriori raffigurazioni contengono per lui ulteriore incertezza, da cui l'esigenza di ridurle arbitrariamente ad una. La prima fase in cui si articola l'esercizio della Volontà V1 non è volontà di sommare le raffigurazioni R ma di sceglierne arbitrariamente una, che manterrà l'incertezza di non essere funzionale alla chiusura del suo significato.

  La rappresentazione ha nel Padre un carattere di caducità intrinseca che nella Madre non è, e l'azione che ne consegue denoterà l'incertezza dovuta all'arbitrio di ridurre le raffigurazioni. La Rappresentazione paterna ha ruolo riduttivo sulla possibilità, poiché risente dell'esingenza di eliminare l'incertezza; si risolve dunque in Norma, espressione di un dovere, esclusione del potere.

  L'affezione reciproca tra due individui, che nell'esame delle condizioni determinate dallo sviluppo B-R-A secondo la linea materna avviene tra le raffigurazioni dei bisogni, si sposta, secondo la via paterna, alle Rappresentazioni-norme. Dal confronto delle reciproche norme, tuttavia, non può risultare una norma in cui si sommino le norme particolari, perchè come detto l'elaborazione di una norma è sottrazione delle altre possibilitá, ovvero delle altre possibili norme. L'azione a cui un individuo tende, inoltre, è quella, tra le azioni possibili A(x,y) che maggiormente aderisce alla norma, rappresentazione di una raffigurazione ridotta e a sua volta restrittiva. Ogni individuo risolve la Volontà in una seconda fase che non consiste, come per la madre, in una valutazione di opportunità resa possibile da una continuitá fisica con l'agire dell'altro, ma da una valutazione quantitativa di maggior aderenza alla propria norma. Gli individui X e Y pervengono dunque ciascuno ad un'azione A(x,y) necessariamente diversa dall'altra.

  La convivenza sociale è comunque condizionata alla realizzazione e all'ottemperamento della Legge, ovvero ad una norma che disciplini l'agire di entrambi gli individui del modello di Tab. 4, in base alla quale non esiste più una molteplicità di azioni possibili, ma un'unica azione in cui gli individui convergano, in seguito alla prevalenza della norma di un individuo su quella dell'altro. Il confronto tra diverse norme si sposta ulteriormente sulla fase storica successiva alla rappresentazione, ovvero sull'azione. È l'individuo in grado di esercitare azione di maggior forza a divenire egemone, ed egemone diviene la propria Norma. La Legge è dunque la Norma egemone in virtù di un rapporto di forza ed è la forza dell'azione e non la sua opportunità a decidere chi determina l'azione sociale, cioè chi è l'individuo dominante.

  Utile è considerato qualsiasi strumento che aumenti la forza di un individuo particolare e ne determini o faciliti la dominazione sull'altro. Il beneficio della soddisfazione di un bisogno viene dunque subordinato alla acquisizione dello strumento, e la procrastinazione della soddisfazione corrisponde alla sottomissione di un valore assoluto (godimento) ad un valore relativo (acquisizione dello strumento per godere). Corrispondentemente, all'utilità assoluta dell'azione di più individui, congiuunta dalla soddisfazione reciproca dei desideri, la civiltà del dominio oppone l' utilità relativa dei mezzi di dominazione all'utilità assoluta della soddisfazione die bisogni. (Un'ulteriore relativizzazione dei valore dei mezzi per soddisfare i propri bisogni, operata su scale imposte dall'arbitrio di chi ha assunto precedentemente una posizione dominante, si sono determinate le varie forme di denaro).

  La stabilizzazione del regime patriarcale non sta nella convergenza dell'azione etica degli individui che ne fanno parte, ma nella continuità della violenza esercitata tra le parti. Tale continuità richiede che l'arbitrio originante le azioni venga reiterato per giustificare le successive, e cercherà conferma nelle rappresentazioni delle sue stesse azioni, e nella loro tale concatenazione, in cui ogni elemento è metonimia del precedente, sarà la speranza di chiusura del significato e conferma della funzionalità dell'agire al mantenimento di sé e del gruppo Madre-Figlio.

  Dato che l'arbitrio consiste nella riduzione delle raffigurazioni del bisogno, esso è di ostacolo alla conoscenza del bisogno da parte dell'individuo in cui sorge. Per essere conosciuto, e quindi originare così il desiderio, che è bisogno associato all'idea della sua soddisfazione, il bisogno richiede di essere rappresentato attraverso tutte le raffigurazioni a cui l'individuo perviene per propria volontà di rappresentare (V1). La via del Padre, dunque, non ammette nell'individuo il sorgere del desiderio.

  In un regime patriarcale, il modo più efficace di esercitare il potere è uniformare l'arbitrio che ogni individuo-padre deve operare sulle raffigurazioni del proprio bisogno riducendole ad una specifica immagine-modello. Così la civiltà del dominio ha prodotto, per svilupparsi e mantenersi tale, proprie immagini-modello, miti privati del loro sviluppo narrativo, realizzate in varie forme secondo i mezzi semantici di ogni tempo. Esso costituiscono per ogni società un punto di convergenza solo ideale dell'agire comune, poichè sosituendosi alla molteplicità delle raffigurazioni dei bisogni di ognuno, portano ogni individuo ad ignorare il bisogno e altrui e ad agire, come dimostrato, in modo necessariamente diverso. La convergenza, raffigurata in Tab. 2, ad un dovere unitario, è la causa prima della disunità delle vite degli individui.

  La restrizione dei propri desideri operata da se stessi o dalle immagini-modello impedisce allìndividuo di essere libero nella società, ovvero di agire per causa di un proprio desiderio, nato dalle priprie raffigurazioni „aumentate“ di quelle degli altri.

  Se tale aumento di elementi raffigurativi comporta l'accrescimento della propria capacitá di rappresentare, allora essa è, stando alla definizionie di Letizia data da Spinoza, motivo di letizia.5

  Se, inoltre, la rappresentazione avvenuta in considerazione delle raffigurazioni altrui (razionalità secondaria) comporta la possibilità di partecipare della stessa azione, ovvero compiere azioni complementari ad un'unica azione, allora tale partecipazione opera un'accelerazione nel sorgere e nel soddisfare i propri bisogni, analoga a quella opertata dalla coltivazione agricola nel bisogno della natura di procreare. Anche in questo aumento si può ben ravvisare, sempre tenendo per valida la detta definizione di Spinoza, un motivo di letizia.

  Se, a questo punto, si vuole definire una società felice quella in cui gli individui vivano lietamente, allora é felice la società in cui l'individuo sia in grado di desiderare secondo una libera attività rappresentativa in continuo aumento in un regime di libera circolazione delle raffigurazioni, e in cui l'azione sociale acceleri il sorgere dei bisogni e le loro soddisfazioni. Il ché mi risulta possibile laddove la vita si sviluppi secondo l'enucleazione materna sopra descritta.

  

  A corollario di questo ragionamento, la felicità è realizzabile riconoscendo e rappresentando l'“unità“ del genere umano. Essa si può esplicitare nel concetto di „natura umana“.

  Domandandosi in cosa essa possa consistere, Gramsci risponde:


  Che la „natura umana“ sia il complesso dei „rapporti sociali“ è la risposta più soddisfacente, perché include l'idea del divenire: l'uomo diviene, si muta continuamente col mutarsi dei rapporti sociali e perché nega l'“uomo in generale“.6


  L'“uomo in generale“ è il concetto declinato dalle civiltà nelle diverse immagini-modello funzionali alla disaffezione di ognuno dalla rappresentazione di sé (attraverso i propri desideri), e la negazione di tale concetto inquadrata nella logica di antagonismo gramsciano, corrisponde nel nostro modello una sua irrilevanza, rispetto alla circolazione, alla presenza materiale dell'immagine dell'“uomo particolare“ e alla sua utilità assoluta.

 Assumendo, lungo la via della Madre, l'insieme delle azioni per soddisfare i desideri umani e i bisogni della natura di mantenersi, dignità di sistema, si può riconoscere in essa la realizzazione dell'immane individuo-natura di Spinoza, in cui tutte le sue parti comunicano il loro movimento alle altre, ovvero il loro bisogno di avvicinare od allontanare altri elementi. Comunicare una bisogno è precisamente ciò che abbiamo inteso per circolazione delle sue raffigurazioni.

  La conoscenza dei limiti di tale insieme costituirebbe la struttura di un logos solo minimamente ideologico, poiché opera di individui impegnati continuamente nella valutazione etica della propria azione, ovvero nella rappresentazione del desiderio come inscindibile dall'insieme. La rappresentazione aderirebbe continuamente alla visione dell'insieme e non avrebbe modo di mutarsi metonimicamente, ma si realizzerebbe in una catena di metafore primarie, cioè immediatamente riferite al bisogno (mancanza consapevole) e al piacere (sua soddisfazione).

  In un contesto sociale in cui la comunicazione, attraverso qualsiasi strumento, fosse opera dell'individuo posto di fronte ai suoi bisogni senza concetti intermedi, sarebbe possibile uno sviluppo retorico non ideologico, e il „complesso dei rapporti sociali“ sarebbe l'insieme delle comunicazioni dei bisogni, necessari a loro volta alla risoluzione dei desideri.

  Per Spinoza,


Quando più corpi di medesima o diversa grandezza […] si comunichino reciprocamente i loro movimenti secondo un certo rapporto, noi diremo allora che questi corpi sono uniti tra di loro e che tutti compongono insieme un solo corpo, ossia un Individuo, che si distingue dagli altri per quella unione di corpi.7


  Se concepissimo la natura per intero come insieme di corpi che si comunichino i propri movimenti, ovvero la lasciassimo aderire alla definizione spinoziana di individuo, riconosceremmo che la natura extraumana è già capace di comunicarsi immediatamente i propri movimenti reciproci, in quanto ogni fenomeno è in natura correlato agli altri. L'inclusione dell'umanità nell'individuo-natura è condizionata alla capacità di comunicare degli uomini, cioè alla loro (lieta) produttività di immagini dei propri bisogni e al loro desiderare, e all'effetto accelerante di tale comunicazione e desiderio. Se considerassimo insomma l'uomo come parte della natura, e quindi riconoscessimo come qualità propria dell'umano quella di orientare la propria azione al mantenimento dell'individuo-natura stesso, la via del Padre risulterebbe essere una deviazione all'agire propriamente umano.

1Mi rifaccio alla definizione di Utopia come di speranza privata della sua incertezza. La speranza, tristezza attuale opposta ad una letizia prodotta dall'immagine di una idea lieta inattuale, se vive nella costruzione di tali immagine, non lascia più tempo all'incertezza, sovrapponendovi una durata indefinita di attività di produzione dell'immagine. Utopia è, in tale accrescimento illimitato, destino di letizia.

2    Cfr. Ernesto Laclau, Morte e resurrezione della teoria dell'ideologia, in Le fondamenta retoriche della società, Mimesis, Milano 2017

3Riguardo al ruolo della figura materna a supporto della tribolazione proletaria, molto importante il film Metropolis, Fritz Lang, 1929, in cui il capitalista sa di dover telecomandare la figura materna (Maria) per poter manipolare il proletariato a suo beneficio.

4Cfr H. Marcuse Der eindimensionale Mensch.

5 Cfr Benedetto Spinoza „Etica“, parte III „De affectibus“.

6Antonio Gramsci, „Quaderni del carcere“, „Che cos'è l'uomo“, in Q. VII

7Benedetto Spinoza, „Etica“, Definizione parte II „De mente“

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